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Il Natale di Capuozzo

Madonna, che palle…è il 24 dicembre e me ne sono dovuto stare in caserma fino alle dieci di sera. Vita grama, quella dei Carabinieri. E adesso è già quasi mezzanotte e ancora ho un sacco di giri da fare, e non ho nemmeno una fottuta slitta volante a disposizione. La roba l’ho già trovata e messa in tasca, fra poco me ne potrò andare da questa fogna di monolocale. Rosalia è riversa inerte sul letto…qualche sfigato dovrà stilare un rapporto stanotte: “Dal colorito cianotico e dalle pupille a spillo, immediatamente riconoscevo i segni di un’overdose da eroina, e mi affrettavo a chiamare un’ambulanza…”. Seee, certo, questa è già bella e stecchita. La dose che le ho iniettato era sufficiente a far fuori un cavallo, figurati una puttana tossica di 40 chili. Allora, impronte non ne ho lasciate, la siringa è piazzata giusta, fammi riposizionare le braccia…ok.

La porta d’ingresso si apre all’improvviso. L’appuntato Marini? Che cazzo ci fa qui?

“Che combini, Capuozzo?”
“Che ci fai qui, Marini?”
“Veramente è un po’ che ti seguo, Capuozzo.”
Figlio di troia…
“Ah sì? E come mai?”
“Capuozzo, io penso che tu hai le mani in qualcosa di sporco.”
“E come ti è venuta questa idea, Marini?”
Faccio un passo verso di lui. Lo stronzo indietreggia.
“Ne…ne muore troppa di gente in maniera strana quando ci sei in giro tu, Capuo’…”
Lo guardo torvo.
“…e…prima di parlarne col maresciallo volevo essere sicuro, e allora ho cominciato a pedinarti…”
Guarda Rosalia sul letto.
“L’hai uccisa tu, vero Capuozzo?”
Estraggo la pistola veloce ma lui capisce e fa lo stesso. Spariamo simultaneamente, cadiamo a terra entrambi. Sento un dolore lancinante alla gamba sinistra, hai mirato male, bastardo, hai mirato male, sei sempre stato una sega con la pistola. Lui è finito seduto per terra, la schiena appoggiata al muro, gli occhi sbarrati, il mio colpo gli ha fatto esplodere il cuore. Striscio verso di lui, lascio sul pavimento una scia rossa, continuo a strisciare fino a raggiungerlo. Devo fare in fretta, la pressione del sangue sta calando. Estraggo la roba dalla mia tasca, la infilo in quella di Marini. Apro il cellulare, chiamo i soccorsi. Mi sfilo la cintura, la stringo forte intorno alla gamba. Pochi minuti e sento le sirene lungo la via. Passi concitati lungo le scale, i paramedici stanno salendo di corsa. L’orologio di Marini, inzaccherato di sangue, segna le ventiquattro. Che cazzo di notte di Natale. La vista si annebbia, nella mia testa una canzoncina:

“Jingle bells, jingle bells, jingle all the…”

E’ il giorno di Santo Stefano e il maresciallo è appena passato a trovarmi in ospedale. Sembra che solo io avessi intuito che Marini era corrotto: per questo motivo avevo cominciato a pedinarlo. Il maresciallo mi ha tirato bonariamente le orecchie per aver fatto tutto da solo, ma ha anche capito che volevo essere sicuro prima di infangare la reputazione di un collega. Probabilmente mi aspetta una promozione. E ora cerchiamo di dormire, va’…gli eroi hanno ben diritto a un po’ di riposo.

2 commenti »

  1. ecco…il racconto è come tutti, molto bello…solo proprio non mi viene di immedesimarmi nell’atmosfera natalizia…qui ancora andiamo a mare…
    :)
    ciao off!

    Commento di barbie — 12 settembre 2007 @ 16:56 | Rispondi

  2. Ehhh ma infatti era stato scritto sotto Natale :-) Passa a Rapsodia, va’…:-)

    Commento di offender — 12 settembre 2007 @ 17:04 | Rispondi


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