“And when I’m walking a dark road
I am a man who walks alone”
La morte mi avvolge come il gelo la pioggia. La sera è profonda, la luna racconta storie perverse. La cerata nera è un sudario sulle mie spalle, gli stivali arrancano nel fango. Le mie mani rosse del ghiaccio di dicembre stringono appassionate la vanga. La terra ti copre da poche ore Isabella: terra bagnata e molle, l’odore di pioggia mi fa già assaporare la tua pelle fredda. Cammino lungo i vialetti del cimitero, i lumi delle tombe mi fanno da guardia. Poi la tua lapide Isabella…la tua lapide grigia. Il vento e la pioggia la accarezzano, scavo nella terra. Non si può morire a diciotto anni. Isabella io e te e la nostra infanzia spesa ad inseguirci sui prati, fiori rossi Isa, rotolavamo nell’erba e nel rosso e ridevamo. Ricordi? Ora l’acqua scende, dal cielo e non ha pietà Isabella, mentre la vanga rimuove il peso che ti schiaccia le tue immagini tornano nella mia mente. Ci volevamo bene io e te io ti accarezzavo eri così bianca, tu ti guardavi in giro perché avevi paura che qualcuno ti vedesse con me, che i dottori dicevano ero ritardato. La buca ormai è profonda, l’odore della terra nelle narici, respiro il freddo mentre spunta la tua bara. Ti ricordi il Luna Park? La notte era chiara e tu avevi bevuto, Isa-bella bionda io pensavo di essere in cima alla montagna io pensavo di pisciare giù sul mondo. Le mie braccia tremano mentre sollevo il coperchio, sei bella, sei bianca Isabella, il tuo collo ha segni viola ma a me piaci così. Ti abbraccio. Quella sera e il Luna Park, Isa, quel tuo sorriso imbarazzato mi hai detto che io non ero il tuo ragazzo che eravamo solo amici che abbracciarsi e darsi due baci non vuol dire niente che…sollevo la tua testa, sai di terra Isa mentre ti bacio ancora. Ma quella sera mi hai fatto tanto arrabbiare, eravamo soli sulla stradina di fango, i tuoi occhi erano verdi e tu mi dicevi che non ci potevamo sposare mai. Mai…MA ORA COSA SONO QUESTE LUCI ISA QUESTI RUMORI CHI E’ CHE GRIDA DI ALZARE LE MANI, IO SONO SCAPPATO QUELLA SERA DOPO CHE MI AVEVI FATTO ARRABBIARE DOPO CHE TI AVEVO STRETTO LA GOLA AMORE MI METTONO LE MANETTE AMORE URLANO TUTTI PERCHE’? PERCHE’?
…
Piango in macchina con i signori poliziotti, piango perché ti ho uccisa. Perché ero tanto arrabbiato perché ti ho stretto la gola e poi me ne sono andato come niente fosse, perché ti amavo, perché quando è arrivato quel tizio non mi sono voltato perché tu gridavi aiuto ma io avevo paura Isa, anch’io come te e mentre tu morivi io camminavo nel fango.